Istituzione Giornata della memoria eruzione 1669
Nel febbraio 2021, la Quinta Commissione dell’Assemblea Regionale Siciliana, con il voto favorevole del Governo rappresentato dall’assessore dei Beni culturali, ha approvato un disegno di legge di cui sono prima firmataria, che istituisce una Giornata della memoria per la terribile eruzione dell’Etna datata 11 marzo 1669.
Il Ddl intende favorire percorsi culturali e turistici, attraverso mostre permanenti, parchi culturali, la creazione di un museo en plein air lungo il “percorso delle lave” che va dal Castello Ursino ai Monti Rossi, oltre all’organizzazione di eventi tematici per restituire alla collettività una memoria e un’identità, che altrimenti andrebbero perdute.
Sono passati 353 anni da quella che è considerata la più disastrosa eruzione dell’Etna. La terribile eruzione dell’Etna l’11 marzo del 1669 distrusse gli agglomerati urbani di Bronte, Belpasso, Mascalucia, Nicolosi eMisterbianco, seppellendo Mompilieri, spingendosi fino a Catania, dove vennero cancellati il fossato cinquecentesco del Castello Ursino e il ponte levatoio che collegava il Castello alla piazza d’arme. Per mantenere viva la memoria su questo evento, considerato il più catastrofico degli ultimi 500 anni, ho presentato il ddl all’Ars, che prevede l’istituzione di una giornata commemorativa.
La Storia
L’attuale assetto geomorfologico di Catania è il risultato di diversi processi, tra cui particolare importanza hanno gli eventi vulcanici e sismici che hanno sconvolto la città nel corso della sua storia.
Quella del 1669 fu una delle eruzioni più devastanti dell’Etna poiché la lava, prima di riversarsi in mare, distrusse nove centri abitati, prima di arrivare a Catania (ROMANO & STURIALE, 1981). Numerosi documenti dell’epoca indicano che l’eruzione ebbe inizio l’11 marzo, dopo uno sciame sismico durato quattro giorni, con l’apertura di una frattura eruttiva lunga 12 km che, con direzione nord-sud, si estendeva dall’area sommitale fino ad una quota di circa 900 m s.l.m. (MONACO et alii, 2000).
Nello spazio di poche ore si aprirono cinque bocche eruttive, la più grande delle quali generò i crateri dei Monti Rossi, denominati in principio Monti della Ruina. Questi diedero origine a tre bracci lavici (fig. 2), uno dei quali raggiunse, dopo aver percorso 12 km, le mura occidentali della città di Catania, seppellendo il 25 marzo il piccolo lago denominato Gurna di Nicito. Il 16 aprile la colata minacciò per la prima volta le mura di Catania, ma la solidità delle mura cittadine indirizzò il corso della lava verso il mare. Nei giorni successivi la colata seppellì il circo Massimo e la Naumachia.
Prima di riversarsi in mare la lava ricoprì il canale del Duca e i 36 canali che convogliavano l’acqua del fiume Iudicello in città (CIUCCARELLI, 2001). La lava, entrata in mare il 23 aprile, vi avanzò per 1,5 km. Il settore occidentale della fortificazione resistette fino al 30 aprile, quando la lava scavalcò le mura alte 18 metri (BULLARD, 1978) danneggiando il Monastero dei Benedettini. L’8 giugno una lingua di lava oltrepassò le mura nei pressi del Castello Ursino, riempiendone i fossati e circondandolo.
L’eruzione si concluse 122 giorni dopo il suo inizio, l’11 luglio, riversando un volume di 937,5 milioni di m3 di lava (ROMANO & STURIALE, 1981) e trasformando completamente il paesaggio compreso tra Nicolosi e il mare.